sabato 28 aprile 2007

HeLeN

Una sera triste, scura, cupa.
In fondo al vicolo, un gruppetto di randagi vagavano tra i bidoni d’immondizia. Scura

Percorrevo quel vicolo, passo dopo passo, con una fastidiosa tensione addosso, la dannata sensazione opprimente di quei sfottuti palazzi. Merda.
Lo spettacolo era in programma per le ventitre e zero-zero.
Tutti i venerdì sera, alle ventitre e zero-zero, Helen si esibiva in un “localino” che sapeva di marcio, in un quartiere inculatissimo che non raccomando.
Tutti i venerdì sera, alle ventitre e zero-zero, andavo ad assistere al suo show; non sapevo bene perché (lo intuivo), ma mi piaceva farlo. Entrare, sedersi al solito tavolo, ordinare il solito whisky doppio, accendere l’ennesima sigaretta, in una sorta di cerimoniale di apertura per un qualche cosa di abitudinario, ma sempre nuovo.

Alle ventitre e zero-zero spaccate, Helen salì sul palco.
Sembrava brillare di una luce strana, che le sue stesse curve, i suoi stessi lineamenti emanavano. Una volta cominciato lo show, tutti gli sguardi erano per lei, per i suoi movimenti ed i suoi ammiccamenti. Io adoravo guardarla durante le sue esibizioni, e lei ogni tanto si voltava dalla parte del mio tavolo e mi lanciava un ”occhiatina”. Mi sentivo speciale per questo. Un gradino sopra tutti i presenti (tzè!).
“Tutti la guardano, ma lei si volta da me...” – usavo ripetermi in quei momenti. Ammiravo quel suo modo di ballare e spogliarsi allo stesso tempo, lentamente, indumento dopo indumento.
Galleggiavo in un circolo erotico-affascinante, contento di ciò che sentivo.

Tutti i venerdì notte, alle ventiquattro e zero-zero, lo spettacolo terminava.
Tutti i venerdì notte, alle ventiquattro e zero-zero, prendevo il mio montgomery, pagavo il conto ed uscivo, sulla strada, fredda, buia.


Tutti i venerdì notte, dopo la mezzanotte, su di noi, la pioggia

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